Le analisi integrate rappresentano un approccio efficace per stimare le emissioni associate agli incendi, anche se questi si verificano in luoghi distanti dal sito di monitoraggio. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Atmospheric Environment e basato sulle misurazioni ICOS.
La ricerca è stata condotta da un team di scienziati dell’Aeronautica Militare (CAMM), dell’Università di Urbino Carlo Bo, dell’Istituto Universitario di Studi Superiori (IUSS) di Pavia, dell’Università di Firenze e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Gli scienziati hanno valutato i dati raccolti dalla stazione di Monte Cimone, gestita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche in collaborazione con l’Aeronautica Militare. Il lavoro è stato coordinato dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISAC).
“Abbiamo cercato di individuare in modo sistematico la presenza di emissioni da incendi di vegetazione avvenuti sul continente Europeo nel periodo 2015 – 2021 – spiega Paolo Cristofanelli, PI della stazione e autore corrispondente dello studio – analizzando in modo integrato le osservazioni di monossido di carbonio (CO), la rilevazione di incendi da satellite, i risultati di modelli di circolazione dell’atmosfera e dati forniti dal programma Copernicus (CAMS). Abbiamo scoperto che nel periodo da ottobre ad aprile, la maggior parte degli eventi rilevati a Monte Cimone sono ascrivibili ad incendi che avvengono nell’Europa orientale, mentre da maggio a settembre sono gli incendi nella regione Mediterranea a dominare”.
Le emissioni di anidride carbonica associate agli incendi, spiegano gli esperti, sono paragonabili a circa il 20 per cento dei flussi dovuti all’uso di combustibili fossili. A differenza del carbonio rilasciato dai combustibili fossili, però, questa fonte non viene considerata una sorgente netta sul budget del carbonio atmosferico. In effetti, nella maggior parte dei casi, la ricrescita della vegetazione a seguito dell’evento compensa i quantitativi di carbonio emessi.
In realtà, le conseguenze di un incendio possono dipendere da vari fattori, come le caratteristiche dell’ecosistema, il modo in cui viene utilizzato il suolo e gli effetti dei cambiamenti climatici. Per queste ragioni è fondamentale riuscire a ricostruire il quadro relativo all’impatto degli incendi. “In quest’ottica – conclude Cristofanelli – il nostro lavoro suggerisce che le osservazioni raccolte a Monte Cimone, se supportate da adeguati strumenti diagnostici, possono rappresentare un potente set di dati per valutare l’impatto degli incendi sulla variabilità della CO2 atmosferica”.