
Un recente studio pubblicato su Natureha rilevato che circa un terzo (34%) della fascia artico-boreale è ormai una fonte di carbonio per l’atmosfera. Il bilancio tiene conto dell’anidride carbonica (CO₂) assorbita dalla fotosintesi delle piante e di quella rilasciata attraverso la respirazione di microrganismi e vegetali. Se si includono anche le emissioni dovute agli incendi, la quota sale al 40%.
«Volevamo offrire l’immagine più aggiornata e completa possibile del bilancio del carbonio al Nord, e per farlo sapevamo che bisognava considerare anche l’impronta crescente degli incendi in questa regione», spiega la prima autrice dello studio, Anna Virkkala, ricercatrice del Woodwell Climate Research Center. «Molti ecosistemi settentrionali continuano a funzionare come “pozzi” di carbonio, ma le aree sorgente e gli incendi stanno ormai annullando gran parte dell’assorbimento netto e invertendo tendenze consolidate da decenni».
Le emissioni in aumento sono il risultato combinato di incendi boschivi, scioglimento del permafrost e maggiore attività microbica legata al prolungamento della stagione vegetativa, fenomeni tutti accelerati dal riscaldamento globale.
La ricerca si basa su dati raccolti in oltre 200 località artiche e boreali nel periodo 1990-2020. Tra le fonti utilizzate figurano anche una dozzina di stazioni della rete europea ICOS (Integrated Carbon Observation System) in Finlandia, Svezia e Groenlandia. Al lavoro, oltre a Virkkala, hanno contribuito diversi scienziati ICOS, in particolare delle stazioni coinvolte.

«I dati delle stazioni ICOS sono stati fondamentali per questo studio», sottolinea Virkkala. «Si tratta di serie temporali lunghe, standardizzate tra Paesi diversi e disponibili tutto l’anno, comprese le stagioni “morte”, spesso trascurate da altre misurazioni artico-boreali, ma cruciali perché le emissioni possono essere consistenti. Inoltre, coprono ecosistemi differenti – dalle foreste boreali alle zone umide, dal permafrost alla tundra – permettendo un’analisi completa della variabilità dei flussi di carbonio».
Il valore di questa rete scientifica è anche nell’accessibilità dei dati: grazie al portale ICOS Carbon Portal, le informazioni sono consultabili e utilizzabili da tutti i ricercatori, riducendo drasticamente i tempi necessari a ottenere risultati. Se fino a poco più di un decennio fa i processi di raccolta e analisi potevano richiedere anni o addirittura decenni, oggi la condivisione immediata dei dati consente progressi molto più rapidi.
