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In Europa un albero su tre potrebbe essere a rischio a causa dei cambiamenti climatici

Le specie arboree europee adatte a contrastare la perdita di foreste potrebbero diminuire di un terzo entro la fine del secolo a causa dei cambiamenti climatici. A lanciare l’allarme gli scienziati dell’Università di Vienna, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Nature Ecology & Evolution per rendere noti i risultati del proprio lavoro.

La mortalità degli alberi europei, sottolineano gli esperti, è aumentata notevolmente negli ultimi tre decenni, spingendo le autorità a elaborare strategie mirate di conservazione degli ecosistemi forestali. Tra il 1986 e il 2016, ad esempio, il 17 per cento della superficie forestale europea è stata disturbata da cause antropiche e/o naturali. Tra i rischi più comuni, gli esperti annoverano, ad esempio, la presenza di parassiti, la deforestazione, gli sbalzi di temperatura, gli episodi siccitosi, le precipitazioni eccessive o anche la presenza di specie invasive. Secondo i dati del quinto rilevamento (anni 2018-2022) dell’Inventario forestale nazionale del WSL (Wald, Schnee und Landschaft), al Sud delle Alpi si registra un incremento del 35,4 per cento nel numero di alberi deceduti o secchi. La perdita di vegetazione, secondo gli esperti svizzeri, rappresenta una diretta conseguenza degli anni secchi e caldi che si sono susseguiti dal 2018.

Capire come i diversi ambienti reagiranno al cambiamento climatico è fondamentale – spiega Alessio Collalti, ricercatore dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isafom) e direttore del Laboratorio di Modellistica Forestale – il nostro laboratorio studia la risposta delle foreste agli scenari di gestione attuali e alternativi/adattivi attraverso approcci modellistici. In altre parole, ci occupiamo di valutare il rischio che gli ambienti forestali corrono, considerando diverse variabili per il futuro, ad esempio la temperatura, la siccità e le conseguenze del cambiamento climatico a vari livelli”.

Nell’ambito del nuovo lavoro, il gruppo di ricerca, guidato da Johannes Wessely, ha valutato la distribuzione di 69 specie di alberi endemici in tutta Europa, compresi frassino, quercia, salice e sorbo, esaminando sia gli ambienti naturali che le piantagioni. Gli studiosi hanno poi elaborato un modello per capire quali alberi sarebbero in grado di resistere alle condizioni climatiche attuali e ai prossimi decenni. In questo passaggio, il team ha considerato tre diversi scenari climatici differenziando le possibilità in base al quantitativo di emissioni di origine antropica e le loro conseguenze. Allo stesso tempo, i ricercatori hanno valutato il potenziale delle diverse specie di fornire legname, immagazzinare carbonio e assicurare la presenza di habitat per gli animali della foresta. Visto il ciclo vitale relativamente lungo delle specie arboree, infatti, gli esemplari piantati oggi dovranno resistere alle condizioni attuali e al clima che si manifesterà nel resto del secolo.

Stando a quanto emerge dall’indagine, il numero medio di specie arboree per chilometro quadrato in grado di sopravvivere fino al XXI secolo potrebbe diminuire del 33 per cento. Questa stima è stata elaborata in relazione allo scenario che prevedeva un aumento moderato delle temperature medie globali. In caso di emissioni e temperature più elevate, la percentuale di specie a rischio di estinzione salirebbe al 49 per cento.

Questi risultati, commentano gli autori, suggeriscono che i cambiamenti climatici potranno influenzare il numero di specie arboree adatte a sopravvivere, tanto che la vegetazione nel 2100 potrebbe essere molto diversa rispetto a quanto siamo abituati oggi. “Quando si valuta l’idoneità per il ripristino delle foreste e le piantagioni – scrivono gli scienziati – è fondamentale prendere in considerazione l’intero ciclo di vita degli alberi. Le conseguenze della perdita di specie arboree avrebbero un impatto notevole sulla gestione delle foreste e della società, causando effetti a catena su una serie di aspetti”.

Il benessere umano – si legge nel documento scientifico – dipende essenzialmente dal contributo della natura alle persone. Gli ecosistemi forestali forniscono una serie diversificata di servizi alla società, tra cui la produzione di legname e combustibile, il sequestro del carbonio e il controllo del microclima. Le foreste contribuiscono inoltre alla protezione dell’acqua potabile, garantendo la sicurezza di spazi ricreativi per gli esseri umani e di habitat per una grande varietà di specie. Ecco perché è così importante investire nelle azioni di mitigazione del clima, mantenendo l’integrità e il potenziale dei servizi ecosistemici derivanti dagli ambienti forestali”.

L’impatto dei cambiamenti climatici non è trascurabile – commenta Collalti, che è anche coinvolto in uno degli spoke del National Biodiversity Future Centerdiversi studi scientifici dimostrano che il mancato raggiungimento degli obiettivi di mitigazione climatica potrebbero provocare impatti ecologici irreversibili su scale temporali millenarie. Dobbiamo assolutamente agire, prima che sia troppo tardi”.

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